Dietro lo specchio

di Mariella Bettarini

dalla rivista Fermenti , Marzo 1976

La materia il corpo il testo il sogno l'inconscio la morte (dell'arte? di Dio?). La Trasgressione (al divieto). Edipo contento-socializzato (non più cieco). Lo Specchio. Il Doppio, La Finzione. La Follia. Marx-t- Freud + de Saussure + Sade + Bataille + Breton + Barthes + Borges (chi più ne ha più ne metta. Artaud, Lautréamont, Lacan... I nuovi Numi. I neo-Padri (non più Padroni). Le nuove Trinità (o Trimurti?) moltiplicate e arte-fatte?
Per compiere una semanalisi (ossia un'analisi del segno, di qualunque segno) occorrono - e soccorrono - oggi marxismo (e maoismo), psicanalisi e teologia (rovesciata), sadismo e antropologia, Linguistica, strutturalismo e materialismo (naturalmente dialettico): concentrati scientifici di Odio-Amore dell'Ordine. Sistematica (Nuovi Ordini) e Trasgressione (ai Divieti di sempre). E tanta passione scolastica (sì, proprio nel senso di passione per la schola, per il discepolato: voglia di sapere, fame del Nuovo - che altrove è già Vecchio). Altrimenti, niente. A chi in Italia si mostri sordo alla multidisciplinarietà è approntato senza mezzi termini (né langue né parole) un grigio e scalcinato destino da muro e da morto: il silenzio interno/esterno. Il deserto non dei profeti ma degli illusi solitari.
Oggi ci vogliono le carte in regola, prima fra tutte quelle di navigazione. Le pezze d'appoggio. I passaporti, I lasciapassare (e i passa-montagna). E' più che giusto. La critica ha da cessare d'essere tutta soggettiva-istintuale - impreparata - sensitiva - trombona-terroristica.
Tanto per semplificare: Lukàcs e David da soli fanno acqua. Oggi non sono più sufficienti. E' invece vincente oscuro vecchio Fratello Lacan - che aureo grida un cocchio a due cavalli (Marx-Freud). Perché? Perché oggi fra la critica sociologica (Marciana) e la critica psicanalitica (freudiana e post) il Terzo gode. Chi? Ma la Struttura per bacco. La Struttura, questa Stella Nuova dell'orizzonte della cultura che vuole toccare la faccia al Duemila, la Struttura, delizia (e croca. Ma non Benedetta... Chi ha orecchi per intendere intenda) di tutti i criticabili critici dei testi dì neo-critica d'oggi. La Struttura, criterio sommo.
Dunque: critica marxista (sociologismo contenutistico), critica psicanalitica (forma in fieri di quel contenuto) e/o Strutturalismo? [qui la schiera dei Padri risale addirittura a ...Aristotele e alla sua scienza della conoscenza). Per chiarirsi un po' le idee diremo che questo (lo Strutturalismo) può essere tranquillamente definito il metodo di quelle (le due scienze: marxismo - psicanalisi). In altre parole: chi voglia fare oggi un tipo di critica leggibile-scientifica-decente ha da affidarsi a una struttura linguistica che " veicoli " le insuperate conquiste (anche culturali oltreché politiche) di Babbo Karl e Zio Sigmund. Dai corni del dilemma non si scappa. Torniamo daccapo. La ragione che c'entra? Il fatto è che una ragione ormai dapertutto in fiamme lascia segni carbonizzati (liberissima elaborazione da M. Foucn cfr. Scritti letterari, Milano, 1971). E siamo al paragone finale. Alla stretta decisiva. O dentro (con gli specialisti ormai, gli angosciati, gli scienziati della lingua del sogno della società) o fuori (con gli abborracciati gli ingenui i faciloni i felici). Un dentro che è però un fuori, un insieme, un con e un contro, non una blanda neutralità. Al contrario: la irrazionale scienza dei segni della lingua della parola recupera tutta intera la sua politicità, la sua scelta, la sua collocazione ma terica-materialistica. Fine - dunque - della neutralità della scienza? Fine della palingenesi culturale? Fine dell'arte assoluta (" sciolta da ")? Fine dell'idealismo? Fine - insieme - della realtà? Amen.
Così come scrive Franco Fortini a proposito della falsamente integra e inattingibile opera poetica di Luzi in un vecchio saggio del 1954 (ripubblicato assieme a molti altri in saggi italiani, Bari, 1974): "...la letteratura e la poesia che si vogliono vita totale riescono necessariamente al peccato, all'errore. Onore e corona della poesia è il suo infaticabile ripetere il difetto d'essere che è nell'uomo: il suo proporre altro, e altro da sé. Farla strumento di salvezza per sé equivale a farla pietra di illusione e di idolatrìa per gli altri ". E a conclusione: " La poesia sorgente dalla letteratura spiritualistica o dalla cultura di difesa di quelle classi piccolo borghesi che fra le mura della città del centro Italia consumano nella propria angoscia senza riuscire a dire anche la diversa angoscia dei dissimili e la loro lotta per il riconoscerla o sormontarla, quella poesia giunge, in un supremo sforzo contro l'afasia, fino a mimare la comunicazione; ma altro non ha finora potuto realmente comunicare, se non quello sforzo ".
In pratica, qui si ripete il rifiuto e l'orrore di quel supremo peccato di disincarnazione che, mentre è vizio letterario, al tempo stesso tocca il politico problema del collocamento (politico) dello scrittore e del critico, del testo e della sua esegesi, del significante e del significato, dell'interno e dell'esterno dell'opera. E' chiaro che, al di fuori della volontà e dello sforzo di dare dimensione globale, forza d'invettiva, spazio materico, connotazione politica al proprio lavoro mentale (ossia al di fuori del coraggio di vedere incendiata quella finta ragione raziocinante), null'altro resta che l'afasia, la falsa vita (che non è la feconda morte dell'arte: morte dialettica), l'impotenza e la stipsi, la segregazione, la sordità e insieme il mutismo da e verso i contemporanei (a maggior ragione, verso i futuri). Non si dà vera letteratura che nella falsa, intendendo per " falsa letteratura " lo spazio di Finzione e di Follia, il Doppio e lo Specchio che, mimando la realtà, le sue contraddizioni e la morte dell'autore-soggetto, implicitamente quella realtà glorifica lasciando affiorare, dentro la Notte, la propria invenerita rinnovata Esistenza.

Mariella Bettarini