Le scansioni di Serena Caramitti

di Silvana Folliero

dalla rivista Fermenti n. 201

Lessico familiare del tutto singolare quello di Serena Caramitti; ogni suo libro, infatti, è una voce particolarissima e — tuttavia — si riallaccia sempre ad una verticalità d'insieme.
Qual'è esattamente questa verticalità?
L'A. aveva due strade da percorrere per la sua nuova fase poetica (Permesso di soggiorno, Ed. La Vallisa, 1989, premio per inediti «Vittorio Bodini»), o la palingenesi della vita o una storia da ascoltare in solitudine e in silenzio con un sottofondo musicale; una scatola semiaperta per soli amanti dell'Universo pacificato.
La consapevolezza dell'abisso che il poeta (e ogni uomo) ha di fronte è ben presente nelle pagine della scrittrice eppure ella resta spesso a contemplare, con serena aspettativa, le cose, i fatti, i contorni del mondo, questo susseguirsi di eventi che, a volte, guardiamo come allucinati oppure increduli ma che ci sostengono oggi — come ieri — nel compito dominante della dittatura esistenziale.
In bilico tra finito e infinito la poetessa rivisita, con pazienza e — a tratti — con strappi dolorosi, l'arco della propria esistenza, punto nel tempo, vittoria sul tempo, miscellanea di tempo lucente e dolce e — insieme — furente ed aspro. Ci sono, nella sostanza del messaggio scrittorio, «schegge e frammenti», «parole imprigionate» ma anche promesse e stesure definitive dell'io penso e dell'io sono] dislocazioni archeologi-che dell'esperienza e dei sogni e scambi di poteri e di attenzioni che conducono ad un pensiero forte, ad una positività risonante e feconda di messe certa, di conquistato diritto alle regole del Gioco e alla Storia.
Il poeta sa di appartenere alla Storia ma non vuole crederci del tutto oppure gioca con il senso dell'avvenire.
Permesso di soggiorno ci dà una semiotica del vivere, una non abbandonata reazione nella continuità della Parola e del Verbo che è come dire del divenire estremo non atipico della cabala umana.
Serena Caramitti ripercorre, con gioia, le sue scansioni attraverso un linguaggio non labirintico né asfittico; ha ritmi veloci quando pronuncia i SI della vita, ha ritmi lenti quando custodisce in sé il tesoro del recupero psicologico, quando percepisce la presa e le sequenze del pensiero e della musicalità «per la scalata al paradiso», senza ingiunzioni — sottolineo — e paure e senza il pungolo dell'inventario sublime. La «langue» della Caramitti ingloba ora i segni del suo «cielo» estetico e della sua incidenza vitale.
I gesti bruschi sono pochi in queste pagine eppure affiora uno sguardo prospettico verso zone impervie delineate non più da attese giovani e accattivanti ma da accecanti squarci spaziali.
Abbiamo tanto sognato nella fragilità dei nostri momenti generosi e felici che ora basta un attimo di «memoria» per avere in dono tutta l'acqua sorgiva di una cascata fragorosa che ci tolga finalmente l'incubo della notte.

Silvana Folliero