Un tempo le riviste letterarie fungevano da fermento per quel che si preparava al nuovo, all'inedito, ad altro rispetto alla corrente letteraria in voga. Così, pubblicare poesie, racconti, saggi o interviste su ciò che veniva definito "mondo sperimentale" della lingua, era, sia per i giovani autori quanto per quelli noti, occasione di confronto, possibilità di farsi notare se si era validi: in altri termini, la via di accesso a future pubblicazioni. Ora di riviste ve ne sono poche, e quelle che sopravvivono, spesso, sono soltanto dei raccoglitori inutili: non solo non includono diversità di linguaggio, ma servono sempre ai soliti nomi per mantenere un potere editoriale ipocrita e meschino. Per fortuna vi sono delle eccezioni. Una di queste è la rivista "Fermenti", giunta al suo ventinovesimo anno di attività. Fondata e diretta dal poeta e scrittore Velio Carratoni, nel corso della sua esistenza ha ospitato nomi illustri, a cui si sono accostati emergenti che, collo scorrere del tempo, hanno dato origine ad un vero cammino artistico. "Fermenti non è editrice altisonante, ma diversa, che segue gli autori con costanza e serietà", disse in un intervista tempo fa il direttore Carratoni. E ancora: "Lo si è potuto constatare con la nascita, qualche anno fa, della collana Iride, serie di ricerca letteraria edita, appunto dalla Fermenti. Si pensava a dei nomi stimolanti della letteratura e la scelta cadde sul poeta Dario Bellezza, per la ragione che ci si rese conto che non si poteva fare a meno di lui. La collana fu inaugurata col testo 'Gatti ', mai apparso fino ad allora in versione integrale. Bellezza rimase colpito dalla attenzione rivolta ai giovani (me ne accennò da quando conobbe la rivista nei primi anni Settanta), poiché anch'egli seguiva tutto ciò che era alternativo e divergeva dalla ordinaria e piatta conformità di idee e giudizi". Non appaia un caso, dunque, che una rivista "contro" dia spazio ad uno sfogo lucido, colmo di invettiva, che lo stesso Carratoni inserisce nel nuovo numero (il 221, per l'esattezza; 160 pagine, 15.000 lire): un articolo volutamente chiamato "Mala tempora. Certi amici di cordata". Si legga: "L'anno scorso a Enzo Siciliano; quest'anno a Dacia Maraini. Così era previsto. Così è avvenuto. Tutto secondo un copione prefissato. Certe ragioni di potere superano di gran lunga ogni motivazione culturale. Siciliano e la Maraini fanno parte del così detto gruppo moraviano che a distanza di anni non fa altro che imporre indefessamente direttive e imposizioni. Per tale gruppo non conta il merito, ma il nome scontato o celebrato delle solite cricche proliferatesi di riflesso. E la signora Maraini interpellata da una lettrice che chiedeva come si fa per avere spazio come nuova possibile autrice ha risposto che oggi si dovrebbe scrivere di meno e leggere di più.
Fin qui va bene. Ma vorremmo sapere se ciò dovrebbero farlo i soliti autori triti e ritriti, o i così detti autori ridotti al silenzio o all'ignominia dell'ostracismo anche se validi o presunti tali. Con l'unico difetto di non far parte di nessuna schiera che conta per le mafie, le greppie o le parrocchie di ogni credo prestabilito e amorfo". Uno sfogo amaro quello di Velio Carratoni, a difesa anche dei giovani, che meriterebbero spazio e attenzione da parte di coloro che, giunti sul trono, temono che la sedia gli sia tolta. Per quale ragione si è desiderato soffermarsi sul quesito posto dal poeta e scrittore? Per l'evidenza che una rivista seria serve a ciò: denunciare, rivelare, proporre senza sorta alcuna di riserva tutto quello che accade nel mondo della letteratura italiana. Uno scotto, quello della verità, che il periodico mensile a carattere culturale, informativo, di attualità e costume, ha pagato a caro prezzo. E' una rivista scomoda, che in tanti vorrebbero far tacere. Solo la cocciutaggine di Carratoni, il suo rispetto per i giovani, quella curiosa voglia di non essere dalla parte del potere, la sua volontà di proporre altro rispetto alla noiosa routine della cosiddetta letteratura alta (condita sempre coi soliti nomi), ecco, solo quest'unisono si emozioni e utopie ha fatto sì che egli non si prostituisse mai, non vendesse la sua dignità per qualche ruffianeria o finta galanteria da parte di chi ha terrore di perdere il posto. E' la ragione che ha portato Carratoni ha immettere nella storia di Fermenti un collegamento attivo e stimolante con l'arte e con ogni possibile forma di ricerca, tramite un linguaggio vivo, critico, anticonformista. Forma di informazione e documento dove l'uomo, il lettore, la realtà nei suoi spetti concreti o di superamento intersoggettivo, sono al centro di qualsiasi tematica impegnata o sognata. Lo si può notare in quei nomi che spesso, come editrice, ha pubblicato: il già citato Bellezza, Mario Lunetta, Pagliarani, Gemma Forti, Mario Verdone, senza tralasciare il recupero delle opere di Marino Piazzola, uno tra i lirici significativi di questo secolo (le sue "Lettere della sposa demente", ristampate di recente, sono l'esempio alto di una poesia che non conosce regole e ubbidisce all'istinto dell'ispirazione). Nel nuovo numero della rivista si possono trovare episodi stuzzicanti: una intervista a Giacinto Spagnoletti, una nota per la "Morte funesta" di Dario Bellezza, una bella ed esemplare "Notula sulla poesia italiana" a firma di Gualtiero De Santi, più recensioni di libri e testi inediti. Non mancano le illustrazioni: le più significative di questo numero spettano al poeta e pittore Agostino Raff, che illustra il poema "Histoire d'Amour" di Aleksander Il'janen, tradotto dal russo da Paolo Galvagni.
Maurizio Gregorini